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martedì 25 agosto 2015

The Lost World (1925) - Recensione


  Paese: Stati Uniti
  Anno: 1925
  Durata 93 minuti
Versione originale: 106 minuti
Versione restaurata del 1998: 100 minuti
  Colori: B/N
  Regia: Harry Hoyt
  Cast Principale: Bessie Love, Lewis Stone, Wallace Beery, Arthure Hoyt, Lloyd Hughes, Alma Bennet...

  Benvenuti tutti alla prima recensione di Animal Horror, la quale si assume il peso di aprire i battenti del blog e diventare il punto di partenza per le prossime recensioni (speriamo molte) che seguiranno. Non è stata una scelta rapida decidere a quale film sarebbe toccato "cotanto onore", ma fra le numerose scelte papabili ho preferito optare per una pellicola che, oltre che fungere da apripista sul blog, lo fosse stata per motivi propri che analizzeremo a seguito.
  Bando alle chiacchiere e procediamo quindi a parlare di Lost World. Film del 1925 diretto da Harry O.Hoyt e liberamente ispirato al romanzo del 1913 Il mondo perduto di Arthur Conan Doyle, già padre del più famoso Sherlock Holmes. Primo adattamento televisivo del romanzo, a cui seguiranno nel corso dei decenni ulteriori trasposizioni cicliche più o meno fedeli, appartiene al filone avventuroso del "mondo perduto": il film racconta di una spedizione su di una mesa misteriosa dalle enormi dimensioni situata in Sud America, non lontana dal Rio delle Amazzoni. Su questo altopiano, rimasto per milioni di anni nascosto dalla fitta giungla, sono sopravvissute isolate dal resto del mondo una moltitudine di creature preistoriche.


  Di The Lost World si trovano in giro numerose versioni tagliate nei modi più impensabili: non è insolito infatti, nel caso di pellicole molto vecchie, trovarsi in difficoltà nel reperire delle versioni complete. La fama e l’importanza del film non sono bastate a restituirci la pellicola com’era durante la prima del 25. La durata originale si aggirava intorno ai 104-106 minuti, ma nel 1930, in occasione di alcune repliche, molte scene sono state tagliate, andando poi perdute. L’edizione più comune oggi, e probabilmente quella che voi avete visto, se l'avete visto, o che vedrete, e da cui è stata tratta questa recensione, è quella da 93 minuti presente nella maggioranza dei dvd attualmente in commercio. Si tratta di una versione restaurata dalla Film Preservation Associates grazie al materiale proveniente da 8 fonti diverse (tanto per farsi un idea di quante versioni diverse sono girate negli anni). Ma la versione più vicina a quella originale è probabilmente quella ricostruita dalla George Eastman House Restoration, della durata di 100 minuti ca.
  Dopo una breve introduzione di Conan Doyle, il film inizia nel mezzo di una discussione fra due giovani. Edward Malone (Lloyd Hughes), classico giovane aitante e di bell'aspetto è innamorato perso di Gladys con cui infatti vorrebbe convogliare subito a nozze (di questo amore così "forte" ne riparleremo), ma lei, un po' per sfregio, un po' perché per quei due minuti di film che appare già mi dà l'aria di una grossa stracciacazzi, si ritira affermando che potrebbe sposare solo un uomo avventuroso, capace di guardare in faccia la morte e di compiere grandi imprese. Malone, tanto innamorato quanto scemo, come capita a tanti uomini al pensiero della... donna, diciamo, si reca al giornale dove lavora, il London Record Journal, alla ricerca di un incarico quanto più pericoloso possibile.
 
 "Il mio obiettivo sarà raggiunto quando avrò dato un'ora di gioia al bambino che è in noi" (Arthur Conan Doyle)

  Quella sera stessa il Professor George Challenger (Wallace Beery), un uomo burbero, enorme e manesco, ben lontano dall'immagine classica dello studioso, aveva indetto una conferenza nella quale intendeva controbattere alle numerose critiche ricevute in seguito alla sua affermazione di aver scoperto, durante la sua ultima spedizione, una foresta abitata da terrificanti creature preistoriche delle quali purtroppo non era riuscito a riportare nessuna prova certa.
  Malone viene così inviato, come una pecora al macello, alla conferenza. Specifico come una pecora al macello poiché lo stesso Challenger, pochi giorni prima, aveva spedito all'ospedale ben tre giornalisti, professione da lui ampiamente detestata. Non potendo entrare con la tessera del giornale, Malone viene aiutato da Lord John Roxton (Lewis Stone), un ben noto cacciatore di bestie feroci e conoscente di Challenger.
  All'interno dell'auditorium più della metà del pubblico, composto prevalentemente da studenti, sembra più interessato a fare chiasso, sbeffeggiando o insultando lo stesso Challenger, che ad ascoltare alcunché. Alzatosi in piedi, Challenger dichiara apertamente che non è lì per giustificare un bel niente, ma è alla ricerca di volontari per una seconda spedizione che riporti delle prove certe delle sua nuova scoperta. La prima persona ad accettare è il professor Summerle (Arthut Hoyt, fratello del regista), docente e antagonista di Challenger, ansioso di prenotare un posto in prima in fila per quella che, pensava, sarebbe stata l'occasione perfetta per svergognare a vita l'odiato collega. E quest'ultimo è probabilmente il personaggio più inutile di tutto il film: dalla sua apparizione alla fine del film tutto ciò che fa è fumare la pipa e fungere da spalla per il ben più carismatico Challenger, senza apportare nessun valore aggiuntivo alla squadra. Alla spedizione si aggiungono in ordine Lord Roxton, la cui esperienza nella caccia grossa e la sua credibilità sono molto ben accette dal professore, e Malone, quest'ultimo non senza qualche difficoltà, fra le quali Challenger che, scoperta la sua professione, si getta dal palco come una furia nel vano tentativo di spaccargli la testa a mani nude.
 

  Malone, con la testa ancora rivolta a Gladys (quale delle due teste non è dato saperlo), non si dà per vinto. Dopo aver seguito Challenger fino a casa tenta di infiltrarsi di soppiatto da una finestra sperando così di poter spiegare la sua buona fede (si, seriamente); per farla breve, i due uomini iniziano una scazzottata violenta interrotta solo dall'arrivo di un agente di polizia. Gli animi di calmano dunque grazie anche all'arrivo di Lord Roxton, direttosi anch'esso verso casa Challenger poco dopo il brusco termine della conferenza. Roxton convince Challenger ad assumere un atteggiamento più pacato, e incita il professore a mostrare il diario al giornalista. Malone viene quindi a conoscenza del diario di Maple White, esploratore scomparso qualche tempo dopo la sua ultima partenza per il Sud America.
  In questo piccolo libretto sono presenti numerosi schizzi di animali preistorici e le indicazioni per giungere sull'altopiano dove queste creature prolificano ancora oggi. Challenger svela così che la spedizione non ha il solo scopo di provare le sue affermazioni, ma anche quello di ritrovare il suo vecchio amico scomparso sullo stesso altopiano. Malone, ormai pienamente convinto di aver trovato l'incarico giusto, offre la collaborazione del London Record Journal come finanziatore della spedizione in cambio dell'esclusiva dei diritti di pubblicazione del resoconto della spedizione. Come ultimo membro della combriccola si aggrega loro Paula White (Bessie Love), figlia di Maple White ansiosa di scoprire cosa sia successo a suo padre; personaggio anch'esso di risulta, come Summerlee, il cui unico apporto alla pellicola sarà di carattere passivo come oggetto di desiderio.
 

  Sbarcati in Sudamerica, al confine fra il Brasile e la Colombia, raggiungono, scortati da alcune guide, alla base del gigantesco altopiano dove montano il loro campo base; è proprio qui che riceviamo il primo assaggio del mondo perduto. Un gigantesco pteranodonte plana sopra l'accampamento, afferra un cinghiale col becco e lo porta poi in cima a uno sperone roccioso dove inizia a mangiarlo. Challenger rivela che la stessa punta di roccia è l'unica via d'accesso all'altopiano, le cui pareti verticali sono impossibili da scalare. Raggiunta la cima dove lo pteranodonte aveva consumato la cena il giorno prima, iniziano a tagliare l'albero che cresceva su questa e che, cadendo, si incastra fra lo sperone e la mesa, fungendo così da ponte d'accesso. 
  Il primo vero e proprio incontro degli esploratori con una creatura preistorica vede protagonista un brontosauro, il quale, attratto dall'albero fatto crollare da Challenger, inizia a divorarne la chioma fino a farlo cadere oltre lo strapiombo lasciando così la squadra intrappolata. 
  Possiamo già farci una prima impressione sulle animazioni dei dinosauri nel film. Si era parlato di una pellicola apripista, e iniziamo tenendo presente che The Lost World è il primo lungometraggio vero e proprio a far uso della tecnica dell'animazione passo a uno. Prima di allora c'erano stati alcuni cortometraggi dedicati (fra cui R.F.D. 10,000 B.C., di cui parleremo al termine della recensione), qualche elemento inserito in altri contesti, ma mai prima di allora sarebbe stato pensabile un impiego così massiccio e preponderante della Stop-Motion. E nonostante oggi certe animazioni ci facciano sorridere, per l'epoca il risultato fu assolutamente convincente. I dinosauri di O'Brien sono stati, per gli spettatori di novant'anni fa, quello che i dinosauri di Spielberg sono stati per la generazione 80-90, qualcosa di stupefacente e mai visto prima; in modi diversi, ma ugualmente simili, hanno portato la gente a credere nei dinosauri, a pensare "porca puttana, esistono" mentre il gigantesco tirannosauro scavalca la recinzione o mentre i membri della spedizione Challenger vengono attaccati da un allosauro.

  Accettate le limitazioni tecniche del periodo e le imprecisioni paleontologiche, fra cui brontosauri che agitano e ruotano coda e collo neanche fossero serpenti, e se si riesce anche per un attimo a immedesimarsi in uno spettatore dell'epoca, si resta davvero colpiti di ciò che Willis O'Brien riuscì a fare con dei semplici modelli in filo metallico rivestiti di gomma. Non siamo davanti a manichini goffi e appena abbozzati come può capitare in altre produzioni low budget successive, ma a piccole sculture ben dettagliate e animate in modo fluido, vitale. 
  Molte delle scene che li vedono protagonisti sono slegate dagli umani, come fossero footage documentaristici ripresi e attaccati alla pellicola, probabilmente vista anche la difficoltà di far interagire umani e modelli in una singola scena. 
  La quantità di lavoro necessaria per le scene panoramiche, in special luogo quelle girate durante l’eruzione vulcanica, è qualcosa di incredibile. O'Brien ricreò una piattaforma di diverse decine di metri di larghezza da ambo i lati, con oltre cinquanta modellini animati in contemporanea su di essa. 
  I nostri si trovano quindi intrappolati in una giungla preistorica, e non passa molto tempo prima che vengano attaccati da alcuni dinosauri e da un mostruoso uomo-scimmia (Bull Montana), unico reduce della trama originale del romanzo che vedeva sulla cima dell'altopiano una guerra in corso fra delle tribù indios intrappolate lì sopra e alcuni primordiali primati.


  Nel tentativo di scampare dai pericoli del mondo perduto i nostri esploratori trovano riparo in alcune piccole grotte. Nei giorni seguenti, Challenger e Summerlee si dedicano a cazzeggi di varia natura, come la costruzione di catapulte artigianali e brevi sedute esplorative, in una delle quali assistono a uno scontro fra un brontosauro e un allosauro, conclusosi con la caduta del primo oltre l'altopiano. Roxton Malone e la signorina White esplorano nel frattempo il profondo sistema di gallerie connesso alla grotta in cui avevano trovato rifugio. Proprio in mezzo a questi cunicoli, Malone inizia a corteggiare pesantemente Paula, dichiarando apertamente che non gliene frega più niente di Gladys (un grande amore, ricordate? Uno per cui rischiare la vita), peccato non sia più solo a questo gioco. Lo stesso Roxton, un tempo amico del padre di Paula, prova, seppur in modo più pacato, decisamente più galanteresco, a ottenere l'accesso al sottoveste della signorina White, che nelle avance dei due uomini assurge finalmente all'unica sua utilità nella pellicola. Manco fosse stata l'unica donna nel raggio di... no. Cancellate tutto, lo era. Proseguiamo. 
  Con l'aiuto delle loro guide, rimaste a terra, riescono finalmente a scendere dall'altopiano solo per scoprire che il brontosauro precipitato poco prima è ancora vivo. Challenger tenterà quindi di riportarlo a Londra come prova viva e vegeta della sua scoperta, con l'unico inconveniente che non è certo facile trasportare in modo sicuro un gigantesco rettile lungo oltre venti metri, il quale, giunti a Londra, riesce infatti a liberarsi e come c'era da aspettarsi inizia a seminare distruzione (piuttosto poca, a onor del vero, se paragonato ad altri suoi simili), finché non riesce a gettarsi nel Tamigi da cui raggiunge a nuoto l'oceano e da lì continua a nuotare, per dove non è ben chiaro, forse per tornarsene a casa.
 

  Una pecca non da poco nei riguardi della trama, forse la più importante, nasce dal fatto che i protagonisti raramente si trovino in una condizione reale e immediata di pericolo. Nonostante le apparizioni preistoriche siano piuttosto preponderanti nella parte centrale del film, quelle ai danni del gruppo Challenger sono molto poche, e la pellicola diventa più simile a un'opera documentaristica con intermezzi umani. La mancanza di tensione dovuta ai pochi contatti con la fauna locale punta tutta l'attenzione sulla meraviglia della tecnica di animazione, fatto che purtroppo paga lo scotto col passare dei decenni dall'uscita. 
  The Lost World è in parte anche fonte d'ispirazione per quel che diventerà uno dei film più famosi della storia del cinema, l’originale King Kong del 1933. In The Lost World ritroviamo molti elementi caratteristici del suo successore, una terra primitiva rimasta separata dal resto del mondo, popolata da creature preistoriche, e il tentativo di portare un pezzo di quel mondo nel nostro, con le ovvie conseguenze del caso.
 

  Un film da seconda serata insomma; una pellicola importante e di buona qualità, ma non per tutti i palati visto l'ostacolo del muto, che è risultato un po' pesante anche per me da superare. Ma la visione merita il piccolo sforzo, almeno una volta nella vita.
  Non rimane più molto da aggiungere a ciò che ho già detto, vorrei quindi chiudere la recensione con un’ultima nota, di curiosità più che altro, sempre in riferimento a quante prime posizioni ha meritato questo film. Lost World è stata la prima pellicola trasmessa (in versione ridotta) su un volo passeggeri, per l'esattezza sul volo Londra-Parigi nell’Aprile dello stesso 1925.

Voto Film:

Voto Retrò:

Trailer

  La recensione è finita, ma prima di chiudere volevo aggiungere due parole, giusto un paio, su due cortometraggi che sono in parte correlati al film.

  R.F.D. 10,000 B.C.

  Prodotto per la Edison, R.F.D. 10,000 B.C. (1917) è uno dei primi film di animazione realizzati con la tecnica della stop-motion, che combina l'animazione di modellini, fotogramma per fotogramma, sovrapposti a scene dal vero. 
  La storia è molto semplice, un girato di appena otto minuti in cui due uomini preistorici, di cui uno dei due è un postino a cavallo di un dinosauro, si contendono la mano di una donna nel giorno di San Valentino. Un corto che, per certe cose, devo dire che mi ha ricordato in modo impressionante la serie I Flintstones.  
  Scoperta proprio da Willis O'Brien, futuro papà di King Kong, e utilizzata per la prima volta nel film di animazione The Dinosaur and the Missing Link (1917), la tecnica della Stop-Motion avrà un effetto rivoluzionario sul mondo del cinema, rendendo possibile la nascita del genere fantastico. La stessa tecnica, sviluppandosi e affinandosi nel corso degli anni, sarà utilizzata per realizzare due capolavori assoluti del cinema fantastico: The Lost World (1925) e King Kong (1933).















  Creation












  

  Il successo di The Lost World convinse la RKO ad affidare a Willis O'Brien e ai suoi collaboratori, Delgado e Hoyt, la realizzazione di una sorta di remake. La lavorazione del film iniziò nel 1930 (neanche cinque anni dopo, si vede che sta fissa dei remake non è una roba così recente), venendo però abbandonata già nel 1931 a causa degli alti costi di produzione che coincisero col sopraggiungere della grande depressione economica che quasi portò al fallimento la RKO.
  Gli appena quattro minuti di girato mostrano una singola scena di caccia: un cucciolo di triceratopo, allontanatosi dal nido, esplora la giungla circostante fino all'incontro con un cacciatore che lo uccide. Lo sparo richiama però il padre del piccolo che inizia a rincorrere l'uomo dando via a una scena d'inseguimento che, devo dire, era parecchio ben realizzata sempre in riferimento all'epoca.  
  La RKO chiamò, nel tentativo di recuperare il progetto e i soldi già spesici sopra, il regista Merian C. Cooper. Cooper restò davvero colpito alla visione dei seppur pochi minuti di girato, e capì di aver trovato la soluzione per realizzare il suo film su un gigantesco gorilla: The Eight Wonder of the World, poi rinominato King Kong.

 

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