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giovedì 24 ottobre 2019

Sfida a White Buffalo - Recensione

White Buffalo Poster Locandina

Title: The White Buffalo
Paese: Stati Uniti
Anno: 1977
Durata: 97 minuti
Regia: J. Lee Thompson
Attori: Charles Bronson, Will Sampson, Jack Warden, Slim Pickens, Kim Novak.

  Yeehaw, giovani cowboy! Afferrate saldamente la vostra pentola di fagioli e salsicce, accomodatevi davanti al fuoco ed io vi narrerò questa storia: la storia di un grande pistolero che risponde al nome di Wild Bill Hickok.La nostra storia inizia là dove la leggenda di Hickcok (Charles Bronson) volge al termine. 
  Il leggendario pistolero è ormai solo l'ombra di ciò che era in passato, affetto da una malattia venerea che ne logora lo spirito e da una agli occhi che ne logora la vista. Smarrito, incerto sul suo futuro e forse dalla psiche danneggiata dalla malattia, Hickok è ossessionato da un sogno ricorrente che interpreta come una premonizione: nel mezzo di una vallata innevata, avvolto dall'oscurità della notte, l'uomo viene assalito da un gigantesco bisonte bianco, quasi più diavolo che animale, incarnazione dei demoni che assalgono l'uomo da tutta una vita.
  Sotto il falso nome di James Otis, poiché non diventi famoso come pistolero finché non hai almeno un nemico in ogni città a Ovest degli Stati Uniti che ti taglierebbe volentieri la gola, Hickok è in viaggio verso le Black Hills in cerca d'oro.Stanco della vita dell'uomo di legge e del cowboy, spera di dare una svolta al tempo che gli resta su questa terra; ma la celebrità è come la ruggine, una volta macchiatosi con essa, è quasi impossibile ripulirla.

White Buffalo Charles Bronson
Benvenuto a Bronson, Missouri.

  Lontano dalla civiltà dell'uomo bianco, in pieno territorio Sioux, un villaggio di nativi americani viene aggredito violentemente da un mostruoso bisonte bianco imbizzarrito. L'animale, avanzando in preda a una furia incontrollata, abbatte ogni singola tenda, calpestando sotto i suoi zoccoli o lacerando con le corna ogni uomo o animale che ebbe l'avventatezza di trovarsi sulla sua strada.
  Una giovane donna indiana cerca di mettere in salvo la sua bambina, ma la furia del bisonte non conosce pietà. La piccola, dal nome Raggio di Luna, muore fra le braccia della madre. Il padre Cavallo Pazzo, capo guerra della sua tribù, per l'incapacità di difendere il villaggio e la debolezza mostrata viene privato del suo nome e del suo titolo. "Verme”, così verrà chiamato finché non avrà vendicato la morte della propria figlia uccidendo il bisonte, né la bambina troverà mai pace nell'altro mondo, vagando tormentata in eterno finché i suoi resti non saranno avvolti nella pelle della creatura.

Cavallo Pazzo Will Sampson
"Tranquilla piccola. Papà ti porterà quella pelliccia bianca che volevi tanto."

  Nel frattempo Hickok, o Otis se preferite, nella sua ricerca di una vita nuova viene a conoscenza di un fatto che sconvolgerà ogni suo piano. L'unica certezza che gli consentiva di ignorare il suo sogno era la consapevolezza che l'ultimo bisonte bianco fosse stato ucciso anni addietro, ma quando la voce di un nuovo esemplare che sembra aggirarsi sulle Black Hills giunge al suo orecchio, Hickok sembra giungere a un'unica conclusione. 
  Prima di partire per quello che può rivelarsi il suo ultimo viaggio, Hickok decide di fare visita a "Poker" Jenny (Kim Novak), forse anche nella speranza che un dolce viso familiare lo persuada a sfuggire dal suo destino. Ma alcuni appuntamenti non possono essere rimandati in eterno, e sebbene Jenny sia ben lieta di riavere fra le mani, e le cosce, il suo vecchio amato, Hickok non può restare."Se non uccido questa bestia, il sogno ucciderà me." Così sentenzia, prima di rimettersi in marcia dopo una sola notte in cui ha mandato l'ex prostituta in bianco (gesto forse assai più folle della scelta d'affrontare il bisonte bianco).

Kim Novak Charles Bronson
L'amore ai tempi del bisonte bianco

  Lungo la strada, Hickok incontra Charlie Zane (Jack Warden) detto "Un-occhio": un vecchio pistolero guercio, forse uno dei pochi amici rimastigli. Charlie stesso giura sul suo occhio buono di aver incontrato il bisonte di persona, lungo le Black Hills, e che quel bastardo ha provato a seppellirlo sotto una frana. Insieme i due partono alla volta delle montagne, dove le loro strade s'incrociano più di una volta con quella di Verme. Nonostante la reciproca diffidenza e differenza d'intenti, i tre uomini si ritroveranno loro malgrado a intrecciare uno strano rapporto, spesso tutt'altro che amichevole, e a dare la caccia al bisonte albino, chi per dare pace allo spirito della figlia, chi per andare incontro al proprio destino, chi perché la pelle di un bisonte albino vale più di 2000 dollari.
  Un film insolito The White Buffalo, un'interessante, seppur non completamente riuscito, mix fra il genere Western e l'Horror che pesca a piene mani da fonti di un certo peso,come Melville, e si lascia ispirare, senza mascherarlo troppo, dal recente Jaws
Il film di Spielberg uscito nel 75 doveva aver davvero folgorato il buon Dino De Laurentiis, che non a caso l'anno dopo tentò di rincorrere la strada dei film d'avventura e di mostri col suo King Kong. Forse il meno riuscito dei tre tentativi maggiori di portare l'enorme gorilla al cinema, ma non per questo un film meno meritevole di visione. Il primo fu ovviamente l'originale del 1933, e tuttora l'ultimo è il King Kong di Peter Jackson del 2005. Skull Island appartiene a un altro genere, ed escludo ovviamente tutte le pellicole minori, sia per produzione sia per valori qualitativi.

Cowboy Charles Bronson
Di certo non è I segreti di Brockback Mountain.

  Non pago del riscontro di pubblico ottenuto con lo scimmione, De Laurentiis ritenta nel 77 a raccogliere le ultime briciole lasciate dalla scia dello squalo con due nuovi beast movies, L'orca assassina e Sfida a White Buffalo.
  Nonostante la presenza di Charles Bronson, all'epoca un attore abbastanza noto e apprezzato, e un mix di generi piuttosto innovativo, il pubblico rimase tiepido alla presenza del bufalo bianco. Questo particolare ibrido, che miscela figure storiche realmente esistite (Wild Bill Hickok e Cavallo Pazzo) alla più classica iconografia western, muovendosi sul sottile limite fra un abuso di stilemi già abusati e una certa autoironia dei topoi di genere, al fine di riproporre un'interpretazione nuova di Moby Dick, si è ammantato nel tempo di un certo alone di rispetto, e pur non raggiungendo mai lo status di piccolo cult dimenticato, ha comunque conquistato una certa fama postuma.
  J. Lee Thompson confeziona un film molto particolare. Viene da chiedersi, durante la visione della pellicola, quanto del romanzo originale di Richard Sale sia stato ripreso e cosa sia andato scartato: mancanze, deviazioni di trama fini a sé stesse, narrativa a tratti frammentata… se da un lato possono far storcere il naso, contribuiscono (forse involontariamente) all'aspetto misterico della pellicola. Non conta del perché Hickok sia ossessionato dall'incubo del bisonte, né il suo rapporto con "Poker" Jenny (deviazione narrativa morta appena nata), conta solo l'uomo al centro di tutto, e il suo incessante dirigersi verso il proprio destino da cui non può (o non vuole?) sfuggire.

White Buffalo sfida
Il duello finale assume quasi i tratti di una cerimonia.

  Thompson sceglie di focalizzarsi sulla tensione dei suoi personaggi più che sulla loro costruzione, un iter narrativo semplice che affonda le sue radici nelle storie epiche e popolari, in cui l'eroe diventa un semplice mezzo narrativo con cui portare sulla scena l'uomo e la sua costante lotta contro l'ignoto, spostandola da un piano spirituale, astratto, a uno fisico con cui sia più semplice rapportarsi. E così accade anche a Hickok, i cui demoni prendono prima forma onirica di un bisonte, dalla cui il pistolero non può difendersi, per poi assumere un aspetto più "concreto", affrontabile, certo, ma non per ciò meno mortale.

  Se la narrazione è particolare, a tratti criptica, la resa visiva non è da meno. Thompson abbandona ogni pretesa di realismo per ammantare tutto di una forte impronta impressionista. La prima cosa che vediamo, appena scesi dal treno d'inizio film, è una mostruosa distesa d'ossa di bisonte, alta più di un uomo e che si perde a vista d'occhio. Ciò che resta di seimila capi di bestiame sostengono i locali, ma per lo spettatore segna l'ingresso in un mondo parallelo.
  Hickok si ritrova proiettato in una realtà distorta, artefatta, niente di ciò che vediamo, per quanto plausibile, sembra "reale", una sorta d'incubo a occhi aperti. Valli innevate e ampi territori desertici si contrappongono a locali talmente fumosi da creare uno sfondo indefinito, o a sequenze, come quella della carrozza, dove sembra di trovarsi su un palco teatrale con tanto di alberi e rocce finti di sfondo. Eccessivi tagli di luce, comprimari fin troppo stereotipati e dialoghi costantemente sopra le righe contribuiscono alla messa in scena distorta di quest'angolo di mondo selvaggioe espressionista, dove non conta più la percezione oggettiva della realtà quanto l'esasperazione del lato emotivo di ogni elemento a schermo.

Ossa Bisonti
"Tu sai cosa c'era qui solo vent'anni fa? Bisonti.
Mandrie e Mandrie di bisonti fin dove l'occhio poteva vedere."

  Bronson è un'ottima scelta per Hickok, la sua faccia costantemente in bilico fra lo scazzato e il "Sono troppo vecchio per questa roba", si cala bene sulla figura del pistolero ormai finito. Will Sampson restituisce una buona interpretazione di Cavallo Pazzo, seppure un po' sopra le righe e stereotipata, ma non ha certo scritto lui il copione. Jack Warden, come Sampson, è un gran caratterista e sebbene in questi casi sia difficile valutare quanto faccia il volto e quanto le abilità attoriali, sembra nato per il ruolo del vecchio Charlie Zane.
  La caratterizzazione dei personaggi è tagliata con l'accetta: abbiamo il pistolero stanco con la sua morale, l'indiano diffidente e aggressivo verso l'uomo bianco, il vecchio bastardo incapace di andare oltre la sua visione ristretta del mondo. Ognuno di loro incarna perfettamente un archetipo classico dell'iconografia western più spicciola, come in una vecchia pièce teatrale dell'800.
  A un tratto pare che i tre possano unire le forze, ma la razza li divide in modo netto; anche mettendo da parte le loro differenze, il muro che li separa non verrà mai abbattuto. Il rapporto che andrà a intrecciarsi fra Hickok, Charlie e Verme, oltre a rappresentare un punto focale della seconda metà del film, diventa anche una metafora del rapporto fra l'uomo bianco e il nativo americano.
  Hickok e Verme guadagneranno sì il reciproco rispetto, ma giunti al punto di dover affrontare la "questione" più spinosa non vi è alcun tentativo di fare della squallida morale a posteriori o dare risposte. Esistono due verità, come fa notare lo stesso Bronson, quella rossa e quella bianca, ma nessuna delle due è importante, perché l'epopea del popolo di Cavallo Pazzo è giunta alla fine. Non ci si può fare niente, i bianchi hanno vinto e loro dovranno adattarsi o sparire dal palcoscenico definitivamente.
  Il vecchio Un-occhio è ancora più lapidario. Nella sua ottusità rappresenta, forse ancora più di Hickok, il sentimento comune verso gli indiani dell'epoca; tanto è vero che in più occasioni proporrà - senza alcuno intento scherzoso - di sparare alle spalle del loro compagno d'avventura con la piuma sul capo, e solo la mano di Wild Bill fermerà ogni qualvolta il suo fucile.

Cavallo Pazzo Wild Bill Hickok
Mannaggia al diavoletto che c'ha fatto litigà

  La "questione" non verrà risolta neanche sul finale, dove, sebbene sembra che finalmente fra i due uomini si sia andato a forgiare qualcosa di vero, nel momento in cui le rispettive identità vengono allo scoperto è lo stesso Cavallo Pazzo a sostenere che i due non dovranno mai più intrecciare i loro cammini, perché in tal caso uno solo dei due ne uscirà vivo.
  Thompson compie una scelta ardita nel non forzare la dinamica di coppia verso una direzione poco credibile, sopratutto in un periodo in cui un certo tipo di cinema iniziava un'opera di riabilitazionedell'immagine del selvaggio violento e crudele propinata da buona parte della produzione dell'epoca. Cavallo Pazzo era un capo guerriero dopotutto, non avrebbe avuto senso vederlo agire altrimenti; e lo stesso Hickok, che in passato si era macchiato le mani di sangue pellerossa, sosterrà durante il film che "non ho mai visto un indiano buono che non fosse morto".

  Il bisonte bianco assume in questa pellicola più che in molte altre un'identità mitico-sovrannaturale che sovrasta implacabile quella terrena, quasi fosse l'incarnazione del diavolo in persona. La possente creatura che con la sua carica indomabile è capace di distruggere pareti di roccia, falciare decine di persone, e che con gli zoccoli può far crollare intere montagne, non ha nulla che ricordi un vero bisonte se non l'aspetto esteriore.
  È duplice la chiave di lettura che si può fare sulla creatura: riallacciandola alla montagna di ossa d'inizio film si può interpretare come simbolo del selvaggio West che si ribella alla "distruzione bianca". La progressiva scomparsa delle enormi mandrie di bisonti che un tempo ricoprivano il continente rappresentava al meglio il concetto stesso dell'influenza umana civilizzata sull'ambiente, divenendo totem ideale per un Revenge-of-Nature Movie.
  La seconda chiave di lettura vede nel bisonte bianco l'incarnazione stessa di un demone, se non, come già accennato, del diavolo stesso, e questa forse è quella che più si avvicina al vero - non che la prima chiave di lettura sia del tutto sbagliata, solo parziale.

White Buffalo Bisonte
Il bisonte passa il tempo distruggendo un villaggio indiano.

  Oltre a invadere i sogni di Hickok come un parassita, il bisonte sembra quasi giocare con i suoi assalitori come il gatto col topo: causa valanghe e frane al solo scopo di istigarli, uccide i loro cavalli per rallentarli e privarli di una facile via di fuga, li tormenta la notte impendendo loro di dormire serenamente. L'unico momento del film in cui lo vediamo fermo e tranquillo porta a chiedersi se non stesse volontariamente indirizzandoli verso la grotta in cui i tre uomini passeranno la notte stringendo un'implicita quanto labile intesa.
  Nel momento in cui Hickok raggiunge la valle innevata fra le montagne e la riconosce come quella del suo sogno, la dimensione onirica acquisisce più forza all'interno del racconto. Non sapremo mai come ciò sia stato possibile, ma Hickok ci dice espressamente che "questa è l'Apocalisse.", sovrapponendo la vallata delle Black Hills con la leggendaria Valle di Giosafat, in cui secondo la Bibbia avverrà il giudizio universale,e rafforzando la chiave di lettura sacrale dello scontro.
  Quando l'animale verrà ucciso, e Hickok, Zane e Verme iniziano a discutere su cosa farne della sua pelle, tutta l'aura mistica che impregnava l'ultimo bisonte bianco sembra scivolare via della creatura, che si riduce a pura merce di scambio a cui dare un valore. Ma il diavolo è davvero morto? La natura umana c'insegna che terminato un conflitto si è liberi di iniziarne un altro, e il vecchio Charlie Un-occhio all'assegnazione della pelle non solo rivolge il suo fucile contro l'indiano - scena non nuova nel film - ma la sua rabbia esplode conto il suo stesso compagno d'avventura. Il conflitto fra lui e Hickok si risolve senza versare sangue, ma la tensione e l'odio espressi sono forse addirittura superiori a quelli mostrati nel conflitto precedente, come se qualunque cosa stesse guidando gli zoccoli del bisonte, abbia trovato un nuovo portatore.

I primi piani che valorizzano gli attori.

  De Laurentiis affida il compito di dare vita alla creatura al mago degli effetti speciali Carlo Rambaldi, con cui aveva già collaborato per il precedente Kong. E il quale, suppongo perché fra un Incontri ravvicinati del terzo tipo e un Alien a tutti serve una pausa, accetta. Il bisonte, a causa probabilmente degli scarsi fondi, non è il lavoro migliore di Rambaldi,ma l'impegno del maestro traspare perfettamente. Rambaldi dà vita a un burattino meccanico a grandezza naturale, il quale però ci viene mostrato raramente nella sua interezza, e quando ciò accade è spesso tramite l'uso di riprese rapide e a scatti, impedendoti fino alla fine di vedere per intero l'animale. 
  L'approccio, come già comprovato ne Lo Squalo, funziona, e questa contrapposizione fra visione confusa della bestia e i primi piani del suo volto contribuisce al noto surreale della pellicola. La povertà di mezzi s'intravede anche durante le cariche, quando il dettaglio delle rotaie risulta palese tanto che il bisonte sembra quasi scorrere sulla neve, come uno spettro intangibile più che un animale. 

Durante le cariche il bisonte esprime veramente un'enorme impatto visivo.

  La colonna sonora sinfonica è stata affidata al compositore britannico John Barry, autore di musiche per film molto noti come La mia Africa e Balla coi lupi oltre che del King Kong di De Laurentiis.
  L'accompagnamento musicale è caratterizzato da musiche gravi, che sprigionano una forte tensione emotiva e un clima di costante "oscurità" del film. Si spazza da accompagnamenti più rilassati, ad ampio respiro, ma comunque non allegri, a brani che cercano di sottolineare la minaccia del bisonte suscitando una forte ansia costante per tutta la loro durata, senza mai lasciarla scendere o stuccare.
  Alcuni brani sembrano rivelare un'ispirazione chiaramente nativa, rafforzata dall'uso di strumenti musicali tipici del folclore come i tamburi tribali.
  Sfida a White Buffalo è un film molto particolare, unico nel suo genere. Non si tratta di un film eccezionale, ma la sua natura unica, la regia così particolare e la trama zoppa eppur affascinante gli fanno conquistare il diritto ad almeno una visione. Se si è poi fan del genere Western questo film crea una strana atmosfera familiare, con tutti i suoi cliché e i suoi modi sopra le righe. Un film che personalmente merita la prima serata; tuttavia, per la sua natura particolare che lo rende molto divisorio, probabilmente è più adatto a una visione notturna.

Voto Film:

Trailer


TRIVIA
- L'etichetta belga Prometheus Recors nel 2003 ha rilasciato, per la prima volta la colonna sonora del film, in un'edizione a tiratura limitata suddivisa in 20 brani della durata complessiva di circa 37 minuti. L'edizione pur presentando una qualità audio tutto sommato accettabile, è stata realizzata senza i master originali dell'epoca con tutti i problemi che questo comporta, fra cui, in un paio di casi, la presenza di alcuni suoni di disturbo sulle tracce.

- La trama di The White Buffalo verrà ripresa e adattata dal nostrano Tex, e pubblicata in due numeri il 315 e il 316, stampati nel 1987.

- Nel film vediamo Wild Bill indossare spesso occhiali scuri, sopratutto prima di una sparatoria. Questo elemento di caratterizzazione del personaggio è tratto dal fatto che, nel 1876, al vero Hickok fu diagnosticato un glaucoma, ma in realtà è probabile che il pistolero soffrisse di tracoma, un disturbo della vista che causa arrossamento, bruciori e forte fotosensibilità fino a portare, se non curato, alla morte.

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